Artista: Camel
Album: Camel
Anno: 1972
Genere: Rock-progressive
Etichetta: MCA
Musicisti:
Peter Bardens:
tastiere
Doug Ferguson:
basso
Andy Ward:
batteria; percussioni
Andrew Latimer:
chitarra; voce
Lista tracce:
01. Slow yourself down [4.47]
02. Mystic queen [5.37]
03. Six ate [6.02]
04. Separation [3.56]
05. Never let go [6.23]
06. Curiosity [5.53]
07. Arubaluba [6.27]
08. Never let go [3.40] *
09. Homage to the God of Light [19.01] *
* = Nella versione rimasterizzata del disco, le ultime due canzoni sono bonus.
La prima è la versione singolo di "Never let go", mentre "Homage to the God of Light" è una composizione registrata dal vivo al Marquee, popolare club di Londra.
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Primo disco "ufficiale" della band inglese. La parola "ufficiale" è virgolettata in quanto i Camel già esistevano dal 1964 ma avevano successo solo a livello locale, con qualche concerto nei locali e pub.
Con il nome di The Phantom Four (più tardi divenuti Strange Brew e poi ancora Brew), i quattro si cimentano in comparsate veloci facendo da spalla a gruppi più famosi.
Dopo varie vicissitudini, cambi di formazioni, di sound (da un beat stile Beatles al rock-blues tipico inglese) e di ragione sociale, finalmente, nel 1971, arriva la svolta definita e il nome giusto.
La band esordisce come Camel e si propone come l'ennesima formazione che suona un rock-progressive dolce.
Questo primo lavoro arriva al grande pubblico e li fa conoscere per bene.
Il sound è rilassato, con un lavoro di batteria pieno, dove il batterista si dà da fare sui tamburi, ma senza esagerare.
La spina dorsale melodica (chitarra e tastiere) sembra vergognarsi e i suoni risultano caldi e calmi.
Nessuno di loro eccede nell'uso dello strumento e gli schemi sono seguiti alla perfezione.
Latimer è un cantante buono, nel senso che interpreta abbastanza bene (non ha i numeri per vocalizzi altissimi e nel disco non si sente la mancanza di tutto ciò) e rende le canzoni più personali, ossia imprime un tocco di confidenzialità alla musica.
Durante tutto l'album si nota un particolare feeling fra loro, l'album scorre bene e si ascolta che è una meraviglia ma è evidente che, se certamente non mancano i pezzi da hit (l'opener "Slow yourself down", la romantica "Mystic queen" e la trascinante "Never let go"), manca la perfezione, ovvero un pizzico di coraggio: potrebbero osare e regalare lunghe cavalcate e fantastici assoli.
"Six Ate" è la prima strumentale e già si ascoltano i primi, embroniali, esperimenti di fughe solitarie, mentre è nella seconda canzone solo strumenti ("Arubaluba") che il quartetto britannico propone un sound che richiama vagamente il suo marchio di fabbrica, ovvero quello stile alla
Mirage, un disco-capolavoro.
L'album è buono, considerando che è l'esordio vero, e questi musicisti promettono davvero bene per il proseguo della loro carriera.
Uscito agli albori degli anni '70, rappresentò una chicca da riscoprire e rivalutare con attenzione anche oggi, sopratutto tra gli appassionati del genere che non mancheranno di apprezzarlo.
[Modificato da Asgeir Mickelson 22/03/2006 16.38]