Il «rumore» di Dio

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Cattolico_Romano
00venerdì 14 agosto 2009 18:30

Il «rumore» di Dio


di Gian Franco Svidercoschi



Soltanto adesso, all'improvviso, sento il rumore del mare... Per giorni è stato silenzioso, di una calma piatta incredibile. Mentre oggi, sospinto dal vento e dalle correnti, s'è via via increspato, e comincia a fare la voce grossa, a mugghiare. Arriva a ondate brevi, violente, fino a spezzarsi con fragore sulle rocce; oppure si insinua tra i massi di granito, come per soffocarli nelle sue spire, per fargli capire che è lui il più forte, il più potente.

È un rumore che conosco da anni, anzi, lo conosco da sempre. Il mare è come il mio Dna, il mio grembo naturale. Forse per un ricordo inconscio delle origini, di quando ero ancora al riparo dentro il ventre di mia madre.

Eppure, oggi, è come se sentissi questo rumore per la prima volta. E non solo perché è l'unico rumore che mi circonda, e mi avvolge. Ma perché, in questo preciso momento, scopro di sentire il rumore del mare in maniera diversa. Diversa da come finora lo avevo sempre sentito.

E oggi c'è davvero qualcosa di nuovo, completamente nuovo:  infatti mi accorgo di "vedere" questo rumore. A percepirlo, cioè, non sono più solamente le orecchie. Ora sono anche gli occhi. E, attraverso gli occhi, è la coscienza. È l'anima. È la memoria.

Non ci avevo mai pensato prima, ma nel rumore del mare - adesso - vedo l'eternità. Vedo una storia, la storia che va avanti da sempre. Vedo la lunga interminabile teoria di generazioni che attraversando i tempi ha perpetuato l'avventura umana, fino ai nostri giorni.

Su questa costa dove si frangono le onde, ma anche su tutte le altre coste del pianeta, sono cambiati gli uomini e le donne, sono cambiati i loro problemi, i loro stili di vita, è cambiato il loro modo di pensare, di affrontare le emergenze quotidiane, è cambiato il modo di stare insieme, e perfino il modo di combattersi, di uccidersi. Sono cambiati gli scenari, i paesaggi, forse è cambiata anche questa costa, e anche tutte le altre coste del pianeta...

Ma il mare ha continuato sempre così, ad accarezzare la terra con le sue piccole onde gioiose, ridenti, amiche; oppure, come ora, a rompersi sulla riva con questi assalti impetuosi, irruenti.

E dunque qui, nel rumore del mare, vedo per la prima volta l'eternità. Vedo il lento scorrere della vita dell'uomo, del mondo. E vedo o almeno penso di vedere il Mistero che sta agli inizi di questa vita. Un Mistero che, seppure non si svela, mi aiuta a risalire in qualche modo al Principio di tutto, al Principio dell'uomo, del mondo. E a comprendere che questo Principio non può essere consistito semplicemente in una "grande esplosione", in un big bang avvenuto di colpo, fuori da ogni "regola", da ogni concatenazione di causa-effetto; così come non può essere stato solamente l'avvio di un processo realizzatosi in assoluta autonomia, spontaneamente, o di una evoluzione progressiva segnata da una automaticità meccanica, ripetitiva.

Ed ecco perché questo Principio, per quanto potrà sembrare paradossale sul piano della ragione, appare ora molto più comprensibile e accettabile nel racconto della Genesi. Quando ci fu Qualcuno, una Mente, un'Autorità Superiore, che giorno dopo giorno fece dal nulla le stelle, la terra, le acque, separandole le une dalle altre, e infine creò un essere umano a propria immagine e somiglianza. E dopo l'uomo, per non abbandonarlo alla solitudine, creò la donna che gli sarebbe stata compagna di vita e di cammino.
Vedo il rumore del mare, e proprio qui, ora, comincio a "vedere" Dio, comincio a udire la sua voce. Ed è un Dio che non abbandona per un solo istante l'uomo che ha creato. E continua a parlargli, a ricordare di avergli dato il meraviglioso dono della libertà perché partecipasse da protagonista, già ora sulla terra, alla realizzazione del suo Grande Progetto; e non invece perché, riducendo quella libertà a soggettivismo o, peggio, a relativismo, pretendesse di fare tutto da solo, e perfino di decidere la linea di demarcazione tra il bene e il male, tra la vita e la morte.

Ma quest'uomo, l'uomo d'oggi, riesce a vedere il "rumore" di Dio? Riesce a vederlo nella quotidianità, nella normalità della propria esistenza? O non accade invece sempre più spesso che quest'uomo - per la chiusura del suo cuore, prima ancora che per le chiusure della società moderna alla trascendenza - non sappia ascoltare Dio? E perciò non sia più capace di vedere i "segni", sempre numerosi e sempre nuovi, con i quali Dio rivela la propria presenza nella storia umana?

Siamo ormai una civiltà del vedere, che accetta per buona la rappresentazione della realtà che ci viene propinata dagli strumenti di una tecnologia tanto sofisticata quanto ambigua. E tuttavia la nostra civiltà fa sempre più fatica a scorgere quella che dovrebbe essere, avendola costantemente sotto gli occhi, l'"immagine" più semplice, più naturale, ossia l'impronta del Creatore nell'esistenza di ogni uomo e di ogni donna.

Ci sono credenti che pretendono che Dio si manifesti in maniera visibile, addirittura eclatante; chiedono miracoli, chiedono di "toccare" gli interventi della misericordia divina. E se le loro richieste non vengono "esaudite", sprofondano nella delusione, se non nella disperazione, e finiscono talora con il voltare le spalle alla religione, alla Chiesa. E questo perché? Perché credevano di poter sentire il "rumore" di Dio nella esteriorità delle cose mondane, nella grandiosità degli eventi, anziché vederlo - vedere Dio che si dona in Cristo Gesù - con gli occhi del cuore, dell'anima. Gli occhi della fede.

Troppe volte lo si dimentica. Ci si dimentica che la fede può essere qualcosa di molto più semplice, di molto più normale di quanto comunemente si creda. C'è un modo di vivere la fede - e di arrivare alla santità - che può anche non avere apparentemente nulla di "eroico", nulla di straordinario; ma agli occhi di Dio ha lo stesso valore della fede di chi, pur di non rinnegarla, sacrifica la propria vita, accetta il martirio...

Il mare, adesso, è tornato calmo. È talmente limpido che il cielo vi si specchia dentro. Il volto di Dio si riflette nell'eternità della storia, nella vita di ogni uomo. Come dire che Dio va cercato nella situazione concreta, abituale, ordinaria, nella quale ognuno di noi vive. Lui è lì, sempre. Sa come farsi vedere. E sa come farsi sentire. Anche attraverso il rumore del mare. O attraverso il pianto di un bambino. Come quella notte a Betlemme, quando il Figlio di Dio piange per la prima volta. Come uno di noi. Come tutti.



(©L'Osservatore Romano - 15 agosto 2009)
Gabbianella1.
00domenica 16 agosto 2009 14:52
Bello!
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